La grande forza culturale e spirituale dell'Islam, Sabrina Lei


La grande forza spirituale e culturale dell’Islam riposa proprio nella mancanza di separazione tra la sfera spirituale e quella fisica all’interno della vita umana. L’Islam ci insegna, infatti, che solo una vita equilibrate che sappia tenere conto dei bisogni di entrambi può soddisfare la natura umana, che è formata proprio da queste due componenti. Se, infatti, si realizza la mancanza di equilibrio tra il lato spirituale e quello materiale dell’uomo, tutta la persona soffrirà di un grande squilibrio, causa di inevitabile sofferenza. Sia il lato spirituale che quello materiale della vita umana debbono cooperare in vista dello sviluppo dell’uomo inteso come una totalità. Allo stesso modo, l’Islam c’insegna che nell’ambito più ampio della vita sociale è necessario che queste due componenti siano entrambe curate con la medesima attenzione. L’estrema povertà infatti, così come la mancanza di libertà e l’utilizzo della violenza per esercitare il controllo sulle masse, sono tutti fattori che conducono al deterioramento sia della componente materiale che di quella spirituale dell’uomo e, in ultimo, possono anche essere responsabili della perdita della fede. Una condizione di estrema povertà o di estrema oppressione non permettono all’uomo di esercitare la propria libertà nella realizzazione dei comandamenti divini, che incombono su di lui. Se si toglie all’uomo la possibilità di agire liberamente per il bene, compresa l’inevitabile possibilità di compiere errori, e lo si costringe all’esercizio della sola spiritualità, intesa come ritiro in se stessi e auto-esclusione dalla vita attiva, anche quest’ultima con il passare del tempo diventerà sterile e fonte di superstizione. In breve, una spiritualità interpretata in questo modo cessa di essere genuinamente islamica, perché nell’Islam è fondamentale lo scambio continuo, che si realizza al livello di singolo credente o anche di un’intera comunità, tra l’arricchimento spirituale derivante dall’avvicinamento progressivo verso Allah e l’azione che si realizza nel mondo e nella storia. Il dialogo tra Allah e i credenti si realizza anche attraverso la storia, come viene sottolineato in molti versetti del Corano, quando il fedele viene invitato a Ricordarsi dei giorni di Allah e a meditare sulla storia delle comunità, che hanno vissuto prima della propria. Il musulmano è infatti chiamato ad onorare Allah, che è Signore della Storia, anche attraverso il suo impegno nel mondo, che non è fonte di orgoglio o di soddisfazione della volontà di potere, ma consapevolezza del proprio dovere verso il proprio Creatore e, quindi indirettamente, anche verso se stessi. La mancanza di libertà politica e la concezione fatalista della storia, che solitamente vi si accompagna, sono responsabili della nascita e dello sviluppo di forme di spiritualità che sembrano arrestare lo sviluppo e il progresso dell’uomo più che agevolarlo. Questo è in breve ciò che è accaduto ai musulmani negli ultimi secoli della storia islamica e per questo motivo Asad ha acutamente osservato che la fede dei musulmani è ancora viva, ma loro sono come paralizzati. 
Certamente la grazia divina riveste una grandissima e fondamentale importanza nell’apertura del cuore di uomo verso la fede e con le mie parole non intendo affermare che la fede in Dio sia frutto solo della ricerca intellettuale. Sappiamo, infatti, che non tutti coloro che si sono dedicati allo studio del Corano e della vita del Profeta hanno raggiunto le medesime conclusioni e hanno deciso di abbracciare la fede islamica. Ritengo che il passo verso la fede sia un momento molto delicato, che richiede una grande disposizione da parte dell’uomo ma anche l’intervento della grazia divina. Ritengo che sia necessario tenere a mente tutti questi fattori, quando s’introduce l’Islam ad un pubblico occidentale, che non necessariamente coincide con un pubblico credente o un pubblico cristiano. Ritengo, infatti, che sia controproducente un atteggiamento che mira primariamente alla conversione piuttosto che all’informazione. Con queste mie parole non intendo sminuire l’importanza della Dawah, che è un dovere di ogni musulmano, ma intendo solo sottolineare alcuni atteggiamenti controproducenti che, invece di avvicinare i non-musulmani verso l’Islam sembrano piuttosto allontanarli. Quello di cui in Occidente si ha un grande bisogno in questo momento storico è una corretta informazione relativamente ai diversi contenuti della rivelazione coranica insieme ad una spiegazione esauriente della figura e della missione del Profeta Muhammad. Infatti, è necessario prima di tutto produrre dei testi, che spieghino la cultura e la religione islamica mettendo in risalto i suoi valori universali, insieme alla conduzione di seminari e lezioni sul medesimo argomento. E’ molto importante cercare di entrare in un contatto e dialogo produttivo e sereno con le università e i centri di ricerca e studio. Dobbiamo essere consapevoli che la conoscenza dell’Islam, anche se non conduce necessariamente alla fede, porterà comunque i non-credenti all’apprezzamento e questo sarà un grande servizio reso all’Islam e alla comunità musulmana, che molto spesso si trova a dover affrontare delle grandi difficoltà dovute proprio alla campagna di disinformazione relativamente all’Islam. Quello di cui abbiamo bisogno oggi è la creazione di centri di studio, capaci di condurre un dialogo sereno con le istituzioni politiche e culturali europee e che non funzionino come centri Il pericolo maggiore, che minaccia il futuro dei musulmani in Europa e in Occidente, è l’atteggiamento vittimista, nostalgico e rivolto al passato, che invece di ispirare all’azione concreta e diretta al miglioramento delle condizioni di vita della ummahe alla costruzione di un futuro prospero in Occidente di fatto sembra arrestare il suo sviluppo ed infondere nelle giovani generazioni un senso di sfiducia e di quietismo. Lo studio della storia dell’Islam e delle sfide che la comunità musulmana ha dovuto affrontare nel corso dei secoli devono essere una fonte d’ispirazione per le nuove generazioni, che sono chiamate a guardare al futuro con speranza, con determinazione e con la volontà di crescere e di svilupparsi. Se, invece, si trasformano in una fonte di frustrazione per quanto è stato ormai perduto, non saranno di aiuto alcuno nella presente situazione della comunità che ha il dovere di infondere nelle giovani generazioni un senso di speranza e di orgoglio per la propria storia e civiltà. Oggi purtroppo da parte di molti musulmani l’orgoglio viene scambiato con l’arroganza, che non apre al confronto ma chiude sempre di più la comunità in se stessa aumentando sfortunatamente il senso di frustrazione.
Nell’Islam la mancanza di una netta separazione tra quanto nella tradizione religiosa cristiana è noto rispettivamente come il sacro e il profano, è un punto di grande forza in quanto è un fattore di crescita ricco di potenzialità per lo sviluppo del singolo e dell’intera umanità. Negli insegnamenti dell’Islam il singolo e la comunità, la vita spirituale e quella materiale sono profondamente interconnessi ed interdipendenti in quanto il benessere del singolo e quello della società dipendono da entrambi. Una società, che non si fonda sulla giustizia per tutti i suoi membri ma solo sui privilegi di pochi, non può essere definita né sana né tanto meno islamica. Allo stesso modo, individui, privati dei principali mezzi di sostentamento o dell’educazione, non possono costituire una società islamica, in quanto mancano dello sviluppo e della conoscenza necessaria per raggiungere quella maturità spirituale che l’Islam richiede ai credenti.



S. Lei





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