Il Medio Oriente musulmano, fin dall’epoca medievale caratterizzato come la “minaccia”, il “nemico” dell’Occidente, nella nostra epoca contemporanea è divenuto sinistramente la “negazione di ogni valore occidentale”, il ribaltamento psicotico delle virtù che hanno fatto dell’Occidente il simbolo del “progresso” , della “civiltà” e della “democrazia”. Un’analisi storica dettagliata, però, priva di intenti apologetici ed intellettualmente onesta, ci propone un nuovo paradigma in cui Oriente ed Occidente non più intesi come due realtà contrapposte, bensì come parte di un unico processo storico, in cui differenti civiltà, culture e religioni, dopo il primo incontro, hanno continuato per secoli ad influenzarsi a vicenda e a confrontarsi: il destino dell’Occidente è radicalmente intrecciato con quello dell’Oriente, e viceversa. Le radici del rapporto tra Oriente ed Occidente, così come quelle del “conflitto” e della “cooperazione”, risalgono ad un epoca più antica, spesso purtroppo dimenticata.
La mancanza di un acuta analisi storica che sappia proporre un lucido quadro d’insieme, evitando semplici generalizzazioni e preoccupanti slogan quali “scontro di civiltà” o “minaccia globale all’ Occidente”, sembra mancare nel panorama del giornalismo non solo italiano. In realtà, gli articoli apparsi sui diversi quotidiani italiani durante i giorni febbrili delle “primavere arabe” sono il sintomo di un duplice stato di cose: la permanenza atavica del modello in- terpretativo orientalista ed il suo momentaneo disgregamento. La “primavera araba”, nella sua realtà composita e nei suoi modelli espressivi, ha per la prima volta aperto una crepa sulla crosta orientalista che per lunghissimo tempo aveva nascosto la diversa e molteplice realtà storica e sociale dei popoli arabi. Nello stesso tempo, però, gli analisti politici si sono trovati smarriti di fronte a questa dinamica realtà e, per questa ragione, hanno tentato di sostituire il paradigma orientalista con quello delle ideologie politiche occidentali, tentando di leggere ed interpretare i protagonisti e le rivendicazioni dei popoli arabi alla luce stessa del recente passato dell’Occidente. Il passaggio dalla barbarie atavica al bisogno impellente di democrazia è stato troppo repentino; la disgregazione dell’immagine classica dell’Oriente “dispotico”, e quindi anche “schiavo” per una sorta di legge del contrappasso, ha avuto un impatto scioccante ed estremamente seducente sull’opinione pubblica: un Medio Oriente democratico, per la prima volta interlocutore politico alla pari dell’Occidente? Davanti ad uno smarrimento così profondo ed alla mancanza di rappresentazioni stabili con cui confrontarsi, ma pur sempre spinto dalla volontà di riaffermare la sua “superiorità” culturale, l’Occidente non si confronta più direttamente con l’Oriente, ma con l’Islam. L’Islam, la religione più largamente diffusa in Medio Oriente, viene descritta come una nuova minaccia, l’ostacolo stesso alla democrazia e al progresso dei popoli arabi. Nel panorama giornalistico italiano cominciano ad essere utilizzati sempre più frequentemente espressioni e termini quali “Islam politico” e “Sharia”, stravolgendone però del tutto il significato e piegandolo ai propri interessi interpretativi.
Viviamo in un’epoca difficile, ma non per i suoi conflitti. Basti pensare al secolo scorso, in cui due guerre mondiali hanno insaguinato il suolo euopeo e non solo a pochi anni di distanza l’una dall’altra. Viviamo in un’epoca difficile, perché siamo ormai immersi, forse senza esserne completamente consapevoli, nel processo di formazione di nuovi modelli sociali, politici ed economici, che però hanno bisogno per poter essere di beneficio all’umanità intera, della “cooperazione” , “della conoscenza” e del “rispetto” tra le diverse civiltà.
S. Lei